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Opera d'arte matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria di Badile Antonio detto Antonio Badile II (1424-1425/ 1507-1512), a Torino

L'opera d'arte matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria di Badile Antonio detto Antonio Badile II (1424-1425/ 1507-1512), - codice 01 00350750 di Badile Antonio detto Antonio Badile II (1424-1425/ 1507-1512), si trova nel comune di Torino, capoluogo dell'omonima provincia sita in palazzo, Manica Nuova, Palazzo Reale, via XX Settembre, 86, Galleria Sabauda
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bene culturaledipinto
soggettomatrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria
tipo schedaOA_3.00
codice univoco01 00350750
localizzazioneITALIA, Piemonte, TO, Torinovia XX Settembre, 86
contenitorepalazzo, Manica Nuova, Palazzo Reale, via XX Settembre, 86, Galleria Sabauda
datazionesec. XV ultimo quarto; 1487 (ca) - 1499 (ante) [analisi stilistica; confronto bibliografia]
autoreBadile Antonio detto Antonio Badile II (1424-1425/ 1507-1512),
materia tecnicatavola/ pittura a tempera
misurecm, alt. 116, largh. 62.5,
condizione giuridicaproprietà Stato, Ministero per i Beni e le Attività Culturali
dati analiticiIl dipinto è stato probabilmente rifilato lateralmente, quanto meno sul margine destro ove appare un'iscrizione mutila. Sul retro della tavola è presente la scritta in gesso "Carpaccio".Personaggi: Madonna; Bambino; Santa Caterina. Attributi (CATERINA D’ALESSANDRIA) anello. Figure: angeli musicanti. Animali: uccello. Vegetali: roseto. Strumenti musicali.
notizie storico-criticheIl dipinto fu acquisito dalla Galleria Sabauda nel settembre 2005 dalla collezione Ercole Santi e Maria Bianca Panza di Novara, con l’attribuzione a Francesco Dai Libri sostenuta da una perizia di Luigi Armondi, in una nota dattiloscritta di Marco Rosci e successivamente avvallata dal comitato scientifico del Museo. Era infatti stato pubblicato e associato al maestro veronese da Bernard Berenson (1968), che lo inseriva nei suoi elenchi pur ignorandone la sua collocazione. Veniva poi completamente dimenticato dalla critica sino a quando Sergio Marinelli (1990) non lo inseriva tra la produzione spettante al cosiddetto Maestro del Cespo di Garofano (Marinelli, 1990), nella quale gli studi hanno fatto defluire un nucleo compatto di opere fuoriuscite dalla bottega di Antonio Badile II, ove si riscontrano gli elementi più tipici della cultura pittorica veronese dell’ultimo ventennio del Quattrocento. Parrebbe infatti soltanto frutto della locale storiografia ottocentesca arrivata sino agli elenchi berensoniani, l’ipotesi di un’attività pittorica svolta dal Dai Libri parallelamente a quella miniatoria ma che però non sembra trovare alcuna conferma convincente né dal punto di vista documentario, nè attributivo (Molteni, 2006, pp. 108 e 130-132 note 32-34). Nella tavola torinese si colgono piuttosto le cifre stilistiche della bottega badilesca, ancora curiosamente legata alle cadenze tardive del gotico internazionale nell’utilizzo delle doratura stesa a missione e nella originale restituzione iconografica della Madonna con il Bambino nel roseto, che per giunta si avvale di un'erudita citazione pisanelliana nell’uccello che si confonde fra le siepi del viridario. Anche lo scorcio del trono protorinascimentale e l’alternarsi delle mattonelle bicrome sul pavimento si ritrovano in alcuni polittici del Museo di Castelvecchio, così come l’angelo di destra con il cartiglio e i tre musicanti in primo piano rispondono a quelli della cosiddetta Madonna dei Cherubini datata al 1487, che pertanto sembrerebbe fornire un valido estremo cronologico (cfr. Museo di Castelvecchio, nn. 103-104, 106-107). L’inclinazione della santa in direzione della cultura pacheriana tirolese (Rosci, nota dattiloscritta) potrebbe trovare una motivazione plausibile nelle ramificazioni della bottega del Maestro del cespo di garofano oltre i confini cittadini, più specificamente nei territori di cultura alpina, come ricevere motivazione dalla documentata presenza di maestranze tedesche al suo interno (cfr. Guzzo, 1993, pp. 199-210; Weber, 1933, pp. 12, 24, 279). Per converso la figura del Bambino sembra mostrare un timido aggiornamento sulla cultura mantegnesca proposta localmente da Francesco Benaglio, replicando la posizione di quella della Pala di San Bernardino del 1462. Lo stato conservativo non ottimale, da cui conseguono le indubbie disomogeneità stilistiche, mostra alcune lacune della pellicola pittorica e spuliture sul cartiglio dell’angelo a lato del trono, su cui a stento si legge ancora la parola “PAX”. Rilevanti sono pure le tracce delle ridipinture subite dal viso della Vergine e dal cielo, al di sotto del quale s’intravedono a destra in prossimità della linea dell’orizzonte le lettere “D E C”, forse troncatura della parola latina “DEO”, che in ogni caso confermano il ridimensionamento subito dalla tavola in epoca imprecisata. Proprio sulla base del confronto con le altre opere realizzate dalla bottega veronese, non è da escludere dunque che si trattasse ab origine dello scomparto centrale di un polittico.
altra localizzazioneluogo di provenienza: ITALIA, Piemonte, NO, Novara; luogo di deposito: ITALIA, Piemonte, TO, Torino; luogo di deposito: ITALIA, Piemonte, TO, Moncalieri
altre attribuzioniDai Libri Francesco
bibliografiaWeber, Simone( 1933); Berenson, Bernard( 1968)vol. I, p. 143, vol. II, tav. 1290; Marinelli, Sergio( 1990)p. 634; Guzzo, Enrico Maria( 1993); Molteni, Monica( 2006)pp. 108, 130-132 note 32-34; Marini, Paola/ Peretti, Gianni/ Rossi, Paola (a cura di)( 2010
definizionedipinto
regionePiemonte
provinciaTorino
comuneTorino
indirizzovia XX Settembre, 86
ente schedatoreS67
ente competenteS67
autori della catalogazioneCompilatore scheda: Accornero, Chiara; ; Funzionario responsabile: Referente scientifico: Gabrielli, EdithMoratti, Valeria
anno creazione2012
latitudine45.073139
longitudine7.684548

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