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Opera d'arte ritratto di monsignor Giuliano della Rovere di Fiori Federico detto Federico Barocci (1535/ 1612), a Baranello

L'opera d'arte ritratto di monsignor Giuliano della Rovere di Fiori Federico detto Federico Barocci (1535/ 1612), - codice 14 00000439 di Fiori Federico detto Federico Barocci (1535/ 1612), si trova nel comune di Baranello nella provincia di Campobasso sita in palazzo, comunale, Via S. Maria, Museo Civico "G. Barone"
immagine - immagine non disponibile -
bene culturaledipinto
soggettoritratto di monsignor Giuliano della Rovere
tipo schedaOA_3.00
codice univoco14 00000439
localizzazioneItalia, Molise, CB, BaranelloVia S. Maria
contenitorepalazzo, comunale, Via S. Maria, Museo Civico "G. Barone"
datazionesecc. XVI/ XVII ; 1595 (post) - 1621 (ante) [analisi stilistica; analisi storica]
autoreFiori Federico detto Federico Barocci (1535/ 1612),
materia tecnicatavola/ pittura a olio
misurealt. 26.5, largh. 20,
condizione giuridicaproprietà Ente pubblico territoriale, Comune di Baranello
dati analiticidipintoRitratti: monsignor Della Rovere. Abbigliamento: berretta; abito scuro. Oggetti: libri; penna; calamaio. Mobilia: tavolo.
notizie storico-criticheIl dipinto costituisce una copia, in dimensioni molto ridotte, del Ritratto di monsignor Giuliano Della Rovere realizzato da Federico Barocci intorno al 1595 e oggi conservato al Kunsthistorisces Museum di Vienna, dove pervenne nel 1792 in seguito a uno scambio di quadri con le Gallerie fiorentine alle quali era giunto attraverso l'eredità della nipote del prelato, Vittoria Della Rovere. Giuliano Della Rovere, dei marchesi di San Lorenzo e di Monte Leone, era figlio naturale del cardinale Giulio Feltrio Della Rovere e cugino del duca di Urbino Francesco Maria II, entrambi amici e grandi mecenati del Barocci. Si distinse anch'egli come ammiratore del pittore urbinate, al quale infatti nel 1590 commissiona il Noli me tangere ora all'Alte Pinakotek di Monaco e, nel 1598, la replica, ora alla Galleria Borghese, della splendida Fuga di Enea da Troia a suo tempo eseguita per Rodolfo II d'Asburgo e oggi perduta. Il ritratto si pone, dunque, a metà tra le due commissioni, come ricorda per primo Carlo Ridolfi (1672, p. 192) e la tela del Museo di Baranello deve essere di poco posteriore ad esso. Il rapporto di Giuliano Della Rovere con la famiglia ducale venne ulteriormente suggellato dal fatto che sua nipote Livia, figlia del fratello Ippolito, fu scelta come seconda moglie da Francesco Maria II; l'altra nipote Lucrezia, invece, andò sposa di Marcantonio Lante duca di Bomarzo, alla cui casa il monsignore doveva assegnare una primogenitura, ottenendo per lei nome e stemma. Non si conosce la sua data di nascita ma, dopo essere stato nominato priore di Corinaldo e abate di San Lorenzo, egli fu legittimato da Pio V (1566-1572). In seguito a dissapori con il duca di Urbino e con suo disaccordo, nel 1602 si trasferì a Roma e solo grazie all'intercessione del pontefice Clemente VIII nel 1604 Giuliano poté rientrare a corte. Un successivo litigio, però, comportò un nuovo e definitivo esilio a Roma, dove il monsignore morì nel 1621. Nel ritratto egli è stato ripreso dal vero, a tre quarti di figura, mentre si trovava nella sua casa di Fossombrone. Sullo sfondo di un'austera stanza dalle pareti grigie, il prelato viene colto seguendo una linea in diagonale che da sinistra attraversa l'intero campo visivo e si conclude, a destra, in una sorta di natura morta di libri. Seduto su una savonarola, in abito scuro come si addice a un monsignore, con la mano destra sfoglia un grosso libro posto il bilico quasi sullo spigolo del tavolo, coperto da una sgargiante stoffa rossa. Rispetto all'originale, nel ritratto di Baranello non è stata replicata la clessidra sul tavolo nel fondo, coperto da una stoffa azzurra che, a sua volta, ne costituisce un'altra variante, mentre si ritrova identico il calamaio con la penna e, in primo piano, la berretta nera posata su un libro chiuso, posto in prospettiva e in equilibrio precario. In esso si respira la stessa dimensione semplice e sobria, la naturalezza con cui è colta la figura, così come la stessa attenzione ai giochi di luce e ombra. Nell'opera di Barocci, d'altro canto, la scelta dei particolari non sembra essere improvvisata, neppure i gesti, soprattutto la postura delle mani, come testimonia un interessante disegno conservato a Firenze presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (n. 11649 F), ricco di idee di volta in volta cambiate, appartenente alla fase iniziale della progettazione in quanto nessuna corrispondente alla soluzione definitiva. Nel dipinto acquistato da Giuseppe Barone la freschezza dei tratti del personaggio, l'attrazione magnetica del suo sguardo, dai profondi e penetranti occhi scuri, testimoniano la capacità dell'autore di riproporre l'introspezione psicologica dell'originale tanto da far pensare a un artista formato in ambito strettamente baroccesco. Gli allievi del Barocci di solito eseguivano opere su disegno del maestro, il quale all'occorrenza interveniva sui quadri stessi.
bibliografiaCausa R.( 1957); Emiliani A.( 1985)pp. 294-295; Barone G.( 1897)pp. 216-217
definizionedipinto
regioneMolise
provinciaCampobasso
comuneBaranello
indirizzoVia S. Maria
ente schedatoreS109
ente competenteS109
autori della catalogazioneCompilatore scheda: Righetti M.; Funzionario responsabile: Mortari L.; Trascrizione per informatizzazione: ARTPAST/ Baldi R. (2006); Aggiornamento-revisione: Parca S. (2005), Referente scientifico: NR (recupero pregresso); ARTPAST/ Baldi R. (2006), Refere
anno creazione1973
anno modifica2005; 2006
latitudine41.527298
longitudine14.555816

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