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Opera d'arte natura morta con pappagallo e tacchini a Agliè

L'opera d'arte natura morta con pappagallo e tacchini - codice 01 00207148 si trova nel comune di Agliè nella provincia di Torino sita in castello, museo, Castello Ducale, NR (recupero pregresso), Secondo piano nobile, Vecchia Amministrazione, stanza 6: parete sinistra
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bene culturalesovrapporta, opera isolata
soggettonatura morta con pappagallo e tacchini
tipo schedaOA_3.00
codice univoco01 00207148
localizzazioneItalia, Piemonte, TO, AglièNR (recupero pregresso)
contenitorecastello, museo, Castello Ducale, NR (recupero pregresso), Secondo piano nobile, Vecchia Amministrazione, stanza 6: parete sinistra
datazionesec. XVII terzo quarto; 1650 - 1674 [analisi stilistica]
ambito culturaleambito lombardo(analisi stilistica)
materia tecnicatela/ pittura a olio
misurealt. 91, largh. 125,
condizione giuridicaproprietà Stato, Castello di Agliè
dati analiticiSovrapporta raffigurante una natura morta con animali viventi: tacchino, pavone, merlo, pappagallo ed altri volatili, con basamento architettonico sculturato e vaso dorato, entro cornice in legno verniciato bianco.Animali: tacchino; pavone; quaglia; pappagallo; anitra; fagiano. Oggetti: piedistallo; vaso.
notizie storico-criticheLa sovrapporta è riconoscibile negli inventari del Castello solo a partire dal 1927 quando è descritta nella "Camera da letto I Ministro (76)", nell'Alloggio del I Ministro, ora Vecchia Amministrazione, al secondo piano nobile, già abbinata alle tele raffiguranti due marine e un'altra natura morta (nn. 4992-4993-4994-4995) così come si presentano ancora oggi. Nel 1964 la tela è semplicemente segnalata come "Dipinto sopraporta Tacchino, oca, pernici e anatre 1,25x90" nella "Foresteria" al numero 1678 ed è stimata 30.000 lire. Nel corso del XVII secolo, in particolare in Francia, il genere della natura morta diventa espressione di una sontuosità decorativa ricercata nella scelta di oggetti lussuosi, rari o esotici, abilmenti disposti. Tali effetti erano raggiunti introducendo ricche balaustrate, tavole di pietra scolpite all'antica, accompagnate da un'illuminazione volutamente teatrale, come si può osservare nelle opere di Nicolas Baudesson (1611-1680), membro dell'Accadémie nel 1671. Il quadro diventa così una scena di teatro, sulla quale alcuni oggetti ritenuti nobili sono combinati in modo artificiale, con la tendenza, nel caso di animali, ad isolare nello spazio ogni esemplare per coglierne le caratteristiche morfologiche. La tela in questione s'inserisce in questo contesto, raffigurando, sopra piedistalli e vasi di foggia classica, una varietà di uccelli esotici ritratti vivi. La notevole naturalezza con la quale è restituita la maggior parte degli animali fa pensare che il pittore potesse averli studiati dal vero o comunque ispirandosi ad animali impagliati che però sono rarissimi per tutto il XVII secolo, o ancora attraverso tavole illustrate. La stessa naturalezza contraddistingue il grandioso ciclo di 23 tele raffiguranti animali vivi e scene mitologiche, dipinte a Palazzo Lonati Verri a Milano, da un anomino maestro attivo nel terzo quarto del Seicento, che rivela stretti rapporti con il territorio genovese, all'avanguardia nella produzione pittorica di animali vivi agli inizi del secolo. Molti pittori genovesi avevano imparato a dipingere gli animali anche grazie all'esempio di uno specialista fiammingo documentato stabilmente in città a partire dal 1616, Jan Roos (Anversa 1591-Genova 1638), alcune opere del quale sono state considerate dalla critica come i più diretti precedenti di quanto venne realizzato a Milano (cfr. A. Morandotti, in Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco. Pinacoteca. Tomo III. Il Seicento, Milano 1999, pp. 135-158,n. 581).Insieme alle due marine e all'altra natura morta con colombe e paniere di uova, il dipinto in questione potrebbe forse appartenere all'antica quadreria del conte Filippo San Martino (1604-1667), figura centrale nella politica e nell'arte del periodo della reggenza di Maria Cristina di Francia e nei primi anni di Carlo Emanuele II (1634-1675) e originario proprietario del castello. La collezione di dipinti, che verso la metà del XVIII secolo ha ormai raggiunto il numero di 1834 pezzi (E. Gabrielli, Le decorazioni e gli arredi, in D. Biancolini, E. Gabrielli, a cura di, Il Castello di Agliè. Gli Appartamenti e le Collezioni, Torino 2001, p. 22), nel 1764, con la vendita dell'edificio in favore di Carlo Emanuele III di Savoia (1701-1773), passa alla real casa, e in particolare al duca del Chiablese Benedetto Maria Maurizio, secondogenito del re e di Elisabetta di Lorena, al quale il castello è destinato. Tra i dipinti segnalati nella "Descrizione della Libreria, Mobili e Quadreria esistenti nel Castello d'Agliè" (Torino, Biblioteca Reale, III/2) compilato subito prima del passaggio di proprietà, il 1 ottobre 1764, tra gli effetti di proprietà del marchese Carlo Emanuele San Martino d'Agliè sono infatti segnalate molte opere di questo genere: "...sovraporta rapp.ti uccelli, con cornice liscie dorate 12", "...quadri oblunghi rapp.ti Canestri, e vasi di fiori, con cornici a foglia di Lauro Bianche...8", "... Altro oblungo di Marine, e prospettive...senza cornice 6" e ".. Altro rappresentante Ortaglia, uccelli, ed altre cose, con cornice intagliata, e dorata 8" e ancora " altro oblungo sovraporta rappresentante Marine, e figure con cornice intagliata, e dorata, e con arabeschi agli angoli 24".
bibliografiaMorandotti A.( 1999)pp. 135-158 n. 581; Gabrielli E.( 2001)p. 22
definizionesovrapporta
regionePiemonte
provinciaTorino
comuneAgliè
indirizzoNR (recupero pregresso)
ente schedatoreS67
ente competenteS67
autori della catalogazioneCompilatore scheda: Manchinu P.; Funzionario responsabile: Ragusa E.; Aggiornamento-revisione: ARTPAST/ Rocco A. (2006), Referente scientifico: NR (recupero pregresso);
anno creazione2003
anno modifica2006
latitudine45.366166
longitudine7.775800

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